Marco
Rosci .........."la scelta verso l'immagine o
il tessuto aniconico, il materiale elementare o i ricchi meandri e le alternative
in vitale contraddizione del secolo (una vitalità di fronte alla quale ogni
sofisma di "posteriorità" fa sorridere) è certo fondamentale
in ordine alla personalità emozionale, psicologica, culturale dell'artista,
ove personalità vi sia - e l'opera mi dice che in Villa c'è, morbido-acidula,
malata al punto giusto -; ma ancora più fondamentale è la scelta per il buono,
antico, paziente mestiere di chiudere e vibrare la forma, di toccare espandere
colare stratificare pigmento cromatico. Nel caso di Villa è fin troppo facile
evocare il mondo viennese (quella testa di cervo potrebbe averla affissa l'immortale
larva burocratica di Franz Joseph in qualche castello della Stiria e del Burgenland,
eroso ed umido per i lunghi inverni imperiali), e più sul versante di Moll,
di Gerstl, di Moser con le sue inquietanti carte marmorizzate che non su quello
di Klimt e di Schiele; od anche, su versanti paralleli, le fioriture sfatte
e oniriche di Redon. Ma di mezzo fino ad oggi si sono susseguite altre raffinate
malattie dell'immagine, le carni spellate di Pirandello, le erosioni spastiche
di Bacon, i grafémi di Vespignani. Via via per tutti, e oggi per Villa, il discorso
ricorrente per espressione è quello del dato,del conosciuto visibile e della
sua erosione e smentita nel fantasma dell'immagine: una sorta di atomizzazione
liminare con la materia di spazio e luce che entra in corrosivo contraddittorio
con il nocciolo "duro" dell'immagine stessa. In Villa, questo contraddittorio
(che, nei termini di un mestiere accademico che oggi può assumere la funzione
di salvifico argine salvagente, è il contraddittorio fra il "modellato"
e il laboratorio materico sulla superficie spazioluministica) è portato a livelli
di struttura formale/informale nello stesso tempo molto raffinati e molto tesi."