Franco Fanelli ....."per percorrere un confine con concrete possibilità di sopravvivenza occorre lasciare tracce non totalmente identificabili come itinerario, bisogna saper parlare i linguaggi e i dialetti di questa e di quella parte. É necessario, ancora, aderire alla necessità della mimesi (nel linguaggio) ma anche della mimetizzazione (del soggetto). Sin dai suoi esordi Villa ha scelto questa tutt'altro che comoda postazione di frontiera: non certo per presuntuosa incoscienza, ma in virtù della lucida coscienza che quella fosse l'unica posizione sostenibile per un pittore nella contemporaneità; e anche nella consapevolezza della necessità di una strategia che consentisse il mantenimento di quella scelta. Nell'epoca del "tutto è stato fatto", Villa sa che per continuare a fare e dire con una certa plausibilità occorre, s'è detto, preferire al fardello dell'assioma la bispeculare levità del calembour, indizio d'ironia (una delle strategie mimetiche della pittura d'oggi) dichiarata nell'arguzia dei titoli ma anche alla base della creazione del quadro. Il calembour effettivo è quello insito nella tecnica congeniale a Villa, che aggira l'evidenza della pennellata e del gesto a favore della macchia del pigmento ad acqua o emulsionato a caseina: macchia che, pilotata, non "costruisce il quadro"il quadro, ma generandone la storia, conforma immagini mutanti e accende la dialettica dell'ambiguità. Se la rosa è in questo caso il leit-motiv di frizzanti Exercises de style, ebbene l'impervio soggetto è soprattutto breve ouverture per un vertiginoso susseguirsi di assonanze e discordanze: Sono dipinti che non "narrano" della rosa ma ne consustanziano la presenza e quindi organismi autosufficienti e in divenire (lo manifestano i molti gerundi dei titoli), e forse per questo quasi "scandalosi"; ma conturbante è anche quanto si genera intorno al soggetto, quanto cioè viene catturato da quella già ricordata poliedrica specularità che da sempre caratterizza il fare di Villa.